giovedì 20 febbraio 2014

I belli della diretta (Beppe Grillo e qualcun altro)

Il momento è solenne. Dovrebbe esserlo. Si parla di cose importanti, che riguardano la vita della gente. Le aspettative sono alte, perché il capelluto protagonista è molto popolare e quello che promette può veramente cambiare il corso dell’esistenza di tante persone. E poi, non se ne può più dei burocrati della politica che pensano solo al loro tornaconto, di istituzioni ciniche, di lobby potenti. E’ arrivato il momento che i cittadini si riprendano quello che è stato loro tolto. Che finalmente i diritti vengano esercitati.

Poi si accende la telecamera e parte la diretta. Com’è bravo, il “guru”, a monopolizzare la scena. Di argomenti, di contenuti, neanche la traccia. Quel che conta è contrapporsi al vecchio, al potere. Qualche slogan, poche parole chiave pensate apposta per lavorare a livello subliminale sull’inconscio degli spettatori. L’interlocutore è ridotto al silenzio. Prova a dire la sua, a stabilire un contatto. Capisce che deve smarcarsi, deve fare qualcosa per uscire dal ruolo che l’altro gli sta cucendo addosso. Quello dell’amico dei potenti, del difensore dello status quo. Vorrebbe replicare, dire che anche lui è vicino alla gente. Che è proprio per loro che sta lavorando. Ma non ci riesce.

Pochi minuti di confronto a senso unico, poi una forzata stretta di mano, la telecamera si spegne e ognuno va per la sua strada. All’uscita dal Palazzo, il “profeta” viene portato in trionfo dai suoi fan. “E’ stato grande professor Vannoni! Li ha davvero distrutti”.

sabato 15 febbraio 2014

Il bambino più forte del mondo

Se n'è andato all'improvviso, lasciando tutti sconvolti. Francesco, detto Ciccio, era un bambino napoletano di sette anni affetto da una grave malattia genetica. Non così grave, però, da portarlo via in questo modo. A Telethon lo avevamo praticamente adottato, e anche dopo essere uscito dalla Fondazione mi tenevo in contatto con Nadia e Antonio, i suoi genitori. Avevano creato una pagina su facebook, l'avevano intitolata "Storia di Francesco" e la popolavano ogni giorno di frasi e foto bellissime, piene di vita e d'amore. Se potete andateci anche voi. E lasciate loro un messaggio.

Comunque non riesco a non pensare a lui, stasera. E ho ritrovato una cosa che avevo scritto, più di un anno fa. La ripubblico qui, di seguito. La dedico a lui, a Ciccio, al bambino più forte del mondo. E ai suoi fantastici genitori.

Il bambino più forte del mondo

L’ultima scena del filmato è ancora negli occhi del pubblico quando si accendono le luci sul palco. C’è un bambino disteso supino, sul pavimento di casa sua. Stende le braccia e tira su un cuscino, con lo sforzo degno di un campione di sollevamento pesi. Qualche fotogramma prima lo si era visto tenere in mano i pupazzi dei super eroi. Hulk, Superman, La Cosa. Come tutti i bambini del mondo, nel gioco li aveva sfidati e battuti. Persino lui, che fatica ad alzare un cuscino.

Nello studio c’è un silenzio assoluto. Il presentatore ne ha visti tanti di video così. Eppure non può farci nulla, la voce gli trema. Le lacrime vanno trattenute perché c’è la diretta televisiva. “The show must go on”. C’è una sorta di salottino, al centro del palcoscenico. Oltre al presentatore c’è lui, Francesco, per tutti Ciccio, “il bambino più forte del mondo”. Ci sono i suoi genitori. Giovani, attenti, emozionati. E poi c’è un signore più anziano. Una bella faccia, uno sguardo rassicurante, occhiali, baffetti grigi. Potrebbe sembrare il nonno di Ciccio. Invece è lui il suo eroe, anche se il bambino non lo sa. Ed è un eroe Generoso, come il nome che porta.

Non è la prima volta che s’incontrano, Francesco e Generoso. Ma questa, anche se sono in tv, presentati da Fabrizio Frizzi e davanti a milioni di spettatori, è sicuramente la meno importante. In comune, “nonno” e bambino, hanno Napoli, la città dove sono nati e vivono entrambi e una grave e rara malattia genetica, la Glicogenosi di tipo II, anche detta morbo di Pompe. Che Generoso studia e combatte da vent’anni. Mentre Ciccio, purtroppo, porta con sé dalla nascita.

Il morbo di Pompe è una patologia ereditaria trasmessa dai genitori che spesso non sanno di esserne portatori, proprio come è successo ad Antonio e Nadia Caputo, il papà e la mamma di Ciccio. E’ provocata dal malfunzionamento dei lisosomi, una sorta di “spazzini molecolari” incaricati di smaltire i rifiuti prodotti dalle cellule. In particolare, in questa malattia, un difetto genetico causa la carenza di un enzima necessario per eliminare uno zucchero, il glicogeno, che quindi, in caso di malattia, si accumula nei tessuti e li danneggia. Il risultato è che muscoli e cuore perdono progressivamente la forza, con conseguente incapacità di camminare ed insufficienza respiratoria.

Nel caso di Francesco i genitori si accorgono che qualcosa non va quando ha 18 mesi e dopo una febbre molto alta smette di camminare. La visita del pediatra, le analisi, le prime paure, il ricordo di altri episodi dei mesi precedenti cui non era stata data importanza. Il primo sospetto si chiama distrofia muscolare. Poi altre analisi, una biopsia muscolare e la diagnosi definitiva. Nel dramma in cui precipita la famiglia c’è però una luce di speranza. Al Policlinico Federico II, Nadia e Antonio incontrano il professor Generoso Andria, che spiega loro che per la Glicogenosi di tipo II esiste un rimedio. Una medicina che si chiama Miozyne, una terapia enzimatica sostitutiva (l’enzima mancante viene reintrodotto via endovenosa), che non cura la malattia ma ne rallenta il decorso e previene i disturbi cardiaci.

La terapia era stata messa a punto pochi anni prima, negli Stati Uniti, da uno scienziato che aveva potuto sviluppare le sue ricerche grazie ai fondi di una piccola azienda farmaceutica, messa su da un uomo i cui due figli erano affetti dal morbo di Pompe (la storia è stata recentemente raccontata nel film “Misure straordinarie”, con Harrison Ford nella parte del ricercatore, ndr). Generoso Andria conosce bene la storia di quella medicina. Nel raccontarla la sua mente torna al 2006, anno in cui nasceva Francesco e in cui dagli Stati Uniti arrivavano le prime notizie sul Miozyne. In Italia invece era scoppiato il caso di Rossella, una bambina napoletana che a soli 9 mesi di vita era stata data per spacciata perché affetta proprio dal morbo di Pompe. I suoi genitori erano venuti a sapere dei promettenti risultati dei ricercatori americani e purché Rossella avesse quella medicina si erano incatenati davanti all’ospedale dove era ricoverata. La cosa finì sui giornali e grazie all’appoggio dell’équipe di Andria e all’intercessione del ministro della Salute la piccola ebbe la sua medicina. Non ce la fece, invece, un’altra bambina, nelle stesse condizioni di Rossella, che si presentò da Andria pochi mesi dopo. Il farmaco non arrivò in tempo e lei morì.

Sono passati sei anni, ma la foto di quella sfortunata bambina è ancora sulla scrivania di Generoso Andria, a ricordargli perché e per chi continuare a lottare. Intanto Ciccio cresce. Non può camminare, ma ha cominciato ad andare a scuola. La sua vita e quella di Antonio e Nadia è scandita dalle terapie. Un’infusione che dura quattro ore, da fare ogni due settimane e una fisioterapia giornaliera.

Anche se i due si vedono raramente il professor Andria continua a stare al suo fianco. Oggi coordina uno studio clinico, finanziato da Telethon, che in quattro centri italiani (Napoli, Firenze, Milano e Pavia) sta sperimentando un farmaco in grado di migliorare gli effetti della terapia enzimatica. Lo studio riguarda tredici bambini. Ciccio è uno di questi.

lunedì 10 febbraio 2014

Stamina, la mia storia - 6) Presa Diretta

Come costruire un’ora e mezzo di programma sulla storia di Vannoni e soci? Il quadro dei fatti lo avevo abbastanza chiaro, per aver seguito la vicenda dall’inizio. Ma all’epoca – eravamo ad ottobre – i punti oscuri erano ancora molti. Grazie alle Iene si conoscevano bene le storie di alcuni bambini malati i cui genitori si battevano per avere la terapia a base di cellule staminali mesenchimali. Si sapeva cosa ne pensasse la comunità scientifica, che aveva trovato spazio più che altro nella carta stampata, oltre che nelle riviste internazionali del settore. Si cominciava anche a conoscere la storia di Davide Vannoni, della sua emiparesi facciale, del suo viaggio in Ucraina, delle prime terapie vendute a Torino e somministrate a San Marino, del passaggio a Trieste, grazie al dottor Marino Andolina e dello “sbarco” a Brescia, dove nonostante lo stop dell’Agenzia del farmaco (Aifa) si continuava a somministrare la terapia in una trentina di casi perché così avevano stabilito alcuni giudici del lavoro.

Ancora tutti da scrivere, invece, erano i retroscena della vicenda. Chi c’era dietro Vannoni e Andolina? Come aveva fatto Stamina ad entrare negli ospedali di Trieste e Brescia? E dal punto di vista scientifico si continuava a non conoscere la composizione della cura miracolosa, che secondo i suoi ideatori era in grado di curare (nei primi mesi della “campagna promozionale”) o di portare miglioramenti (nelle ultime settimane) a migliaia di persone affette da una cinquantina di malattie diverse.

Con Iacona e Liza Boschin, la giovane giornalista a cui era stata affidata la puntata, decidiamo di dividere il tema in tre macro capitoli: la malattia, la scienza e la storia di Stamina. L’obiettivo, semplicemente, era quello di fare chiarezza. Di andare oltre le strumentalizzazioni emotive, di capire e far capire dando voce a tutti: ai malati, pro e contro Stamina, agli scienziati, ai medici, agli scienziati, ai politici.

“Tra i bambini malati e gli scienziati non c’è partita” mi aveva detto un amico autore televisivo “vinceranno sempre i bambini malati”. Ma io ero convinto che raccontando la storia per bene sarebbe venuta fuori la verità. E Presadiretta era il programma giusto per dimostrarlo. Così siamo partiti. Torino, Trieste, Brescia, San Marino, Roma, Milano. Abbiamo tracciato sulla cartina dell’Italia i passaggi della “banda Vannoni” e siamo andati ad incontrare i protagonisti della storia. Avevamo pensato anche di fare una puntata in Ucraina, a vedere la clinica delle staminali in cui Vannoni aveva avuto “l’illuminazione”. Ma ci si è messa di mezzo la rivoluzione e abbiamo lasciato perdere. Il timing prevedeva di chiudere con le riprese entro metà di dicembre per poi riuscire a montare tutto entro i primi di gennaio ed essere pronti ad andare in onda nella prima puntata, il 6 gennaio, nel caso Guariniello avesse chiuso in quei giorni l’indagine giudiziaria.

Una tempistica perfetta, non fosse stato per le notizie che avevano cominciato a uscire, ogni giorno, sulla stampa nazionale e locale e che ci imponevano di rimettere continuamente in discussione la scaletta della puntata e di adeguare i contenuti ai fatti nuovi, che nel frattempo stavano venendo fuori. Le manifestazioni choc dei pro-Stamina, che si dissanguavano e schizzavano di sangue le foto di Napolitano, Letta e Lorenzin. Le sentenze dei giudici, le aperture a Stamina di alcune regioni, la bocciatura della Commissione Lorenzin, la composizione della nuova commissione, i familiari dei malati che mostravano i video con i miglioramenti dei bambini trattati, le prime indiscrezioni che filtravano dalla procura di Torino, i malati che denunciavano di aver pagato decine di migliaia di euro. La nostra puntata era diventata una vera e propria tela di Penelope e noi tre passavamo le giornate al montaggio, con un occhio su agenzie e giornali, un altro su Facebook, i telefoni roventi e gli operatori pronti ad uscire per andare a riprendere qualcosa di nuovo.

Finalmente arriva il 13 gennaio, il giorno della diretta. Si parte alle 21.08, ma cominciamo con sei minuti di ritardo. Iacona decide cosa tagliare e il programma non risente affatto del taglio. Mentre lui conduce la puntata con mestiere e grande bravura, Liza, elegantissima, si prepara per l’ingresso in studio. Io sono al computer, a tener d’occhio le agenzie, le email e i social network. Trovo anche il modo di commuovermi, guardando i video delle mamme dei bambini con la Sma, persone con cui ho condiviso tanti momenti, nel passato. Che il programma stia interessando il pubblico lo capisco da quello che leggo su Twitter. Un diluvio di messaggi di persone che si dicono scandalizzate per quello che stanno vedendo. Via email, invece, prosegue il flusso di attacchi dei pro-Stamina, che era cominciato una settimana prima, non appena era stata annunciata la puntata. Su Facebook invece c’è un sostanziale pareggio. Tra i messaggi ricordo quello di una scienziata italiana, che lavora a Pittsburgh: “Questa sera voi non avete parlato solo del vuoto di Stamina, ma avete ridato dignità alla parola ricerca.

Il giorno dopo si guardano gli ascolti (quasi 8 per cento, un risultato ottimo per Presa Diretta) e si ricevono complimenti e critiche. Mi arriva la telefonata del rappresentante di un’associazione che da tempo si era schierata con Stamina, che si lamenta perché, a suo dire, il programma non aveva dato spazio a tutte le voci dei pazienti. Gli ribatto che le avevamo fatte parlare eccome, le famiglie. Che una eravamo andati a trovarla a casa, mentre altri genitori li avevamo ripresi durante una conferenza stampa a Roma. Lui insiste, dice di aver saputo che prima della trasmissione io mi ero messo in contatto con i genitori di un bambino malato su cui – a detta loro – la terapia stava funzionando e che avevo parlato anche con un medico che testimoniava gli effetti sorprendenti delle staminali sullo stesso bambino. Tutto vero, ma spiego che anche a quel medico avevamo dato parola. Poi mi accorgo che è inutile sperare di convincerlo. Che ormai siamo in guerra e le posizioni sono troppo inasprite per provare ad instaurare un dialogo civile. Siamo nei giorni della controffensiva mediatica. Tutti (o quasi) i giornali e le tv attaccano Vannoni. Persino le Iene prendono le distanze da lui, arrivando a scusarsi con chi, assistendo ai loro servizi, si fosse convinto che Stamina funzionava davvero.

Questo post è tratto in parte da un articolo da me scritto per Vita.it (http://www.vita.it/welfare/salute/stamina-cos-nata-la-trasmissione-verit-di-iacona.html)

martedì 4 febbraio 2014

Politici e scienziati. Il primo post del mio nuovo blog

Da oggi è online RICERCANDO, il mio nuovo blog su Vita.it.

Lo trovate qui: http://blog.vita.it/ricercando/2014/01/31/politici-e-scienziati/

Eccolo, comunque:

L’altra notte ho fatto un sogno. Mi sono addormentato dopo aver letto che i grillini auguravano alla Boldrini di essere stuprata e aver visto le immagini delle solite risse tra parlamentari. Più depresso che scandalizzato ho chiuso gli occhi, ho staccato la spina e sono entrato in un’altra dimensione.

Sono in Parlamento a seguire una seduta della Camera, ma il luogo è diverso da Montecitorio. Meno istituzionale e più sobrio, l’ambiente mi ricorda piuttosto un convegno di scienziati. Ci sono i politici, i nostri rappresentanti, che hanno mediamente vent’anni di meno di quelli veri. Vengono da tutto il Paese e hanno invitato i migliori esperti negli ambiti che verranno trattati. C’è perfino qualche ospite straniero. Hanno preparato un programma di lavori molto serrato in cui discutere di temi importanti e davvero urgenti. Sono previste tre sessioni in cui si parlerà di ambiente, di giustizia, di lavoro. Il primo giorno sarà dedicato all’analisi dei dati e alla presentazione delle strategie messe a punto per risolvere i problemi. Nel secondo giorno si voterà.

Rimango piacevolmente sorpreso dalla puntualità con cui i lavori prendono il via, alle 9 del mattino. I politici hanno fatto colazione insieme, dato un’occhiata alle news sul web. Qualcuno è riuscito persino ad andare a correre, alzandosi all’alba. Si vede che hanno voglia di cominciare. Si parte con la sessione sull’ambiente. I dati sono impietosi. Gli effetti dell’incuria, della speculazione edilizia e delle discariche abusive sono drammatici. Il gruppo di lavoro che ha studiato questi fenomeni – mi pare si chiami commissione – passa ora a presentare le possibili soluzioni. Esordisce con una panoramica su quello che fanno gli altri Paesi che prima di noi hanno affrontato gli stessi problemi. Poi ipotizza tre possibili scenari, con tempi, costi e livelli di efficacia diversi. Per ciascuna strategia viene fissato un obiettivo misurabile. Così, penso, sarà facile capire se funziona ed eventualmente non sarà impossibile correggersi in corsa. Arriva così il momento delle domande e della discussione, a cui viene dedicata un’ora di tempo. Rimango sorpreso per il livello di approfondimento e per quanto vengano sviscerate le singole questioni. Ma ciò che mi sbalordisce davvero è il clima in cui avviene tutto ciò. Più che una seduta del Parlamento ricorda una competizione sportiva: ci si prepara, ci si confronta e poi ci si sottopone al giudizio del giudice o del cronometro. Vinca il migliore, ma anche partecipare è davvero entusiasmante.

Dopo il coffee break si cambia tema e si passa a discutere di giustizia. Ascolto le statistiche sulla durata dei processi e sul sovraffollamento delle carceri. Poi viene chiamato sul palco un professore americano, che racconta in che modo, qualche anno fa, il suo governo ha affrontato e risolto i medesimi problemi. Il dibattito stavolta è più vivace, le posizioni sono più distanti e il moderatore fatica un po’ a far stare tutti nei tempi. Mi rendo conto che il tempo è volato e scopro solo ora che i lavori vengono ripresi da alcune telecamere e sono trasmessi in diretta su Internet.

La seduta continuerà, secondo programma, anche nel pomeriggio. E il giorno successivo, sempre alle 9 in punto, i parlamentari saranno chiamati a dare il proprio parere sulle soluzioni di cui hanno sentito parlare il giorno prima. Concluse le votazioni, è il momento del “verdetto finale”, di capire quali strade sono state scelte e che direzioni prenderà il nostro Paese. Io però non faccio in tempo a saperlo, perché il sogno finisce.

Apro gli occhi e mi rendo conto di aver sognato un incontro tra scienziati invece che una seduta parlamentare. Uno di quei convegni in cui si respirano davvero eguaglianza, trasparenza, giustizia e passione, in cui la parola meritocrazia non è uno slogan da sbandierare, ma qualcosa che esiste eccome.

Riaccendo l’Ipad per leggere il giornale appena uscito. Mi cade l’occhio su “D”, l’allegato settimanale di Repubblica. In copertina c’è la foto di Elena Cattaneo, la scienziata nominata senatrice a vita. Con Elena ci conosciamo da tanti anni. La prima volta, se non sbaglio, l’ho incontrata proprio in una convention scientifica. Apro l’articolo e leggo: “Ci dobbiamo muovere secondo una costruzione logica del ragionamento. In modo da poter aiutare la politica, che oggi è totalmente piegata su se stessa, vittima dei suoi vizi. Credo che ci sia ancora spazio per una politica alta e per dei decisori mossi dalla logica, capaci di guardare alle competenze del Paese e poi di incorporarle nelle loro decisioni”.

Eccolo, il mio sogno. E’ un peccato che non succeda davvero, ma se c’è qualcuno che queste cose le dichiara ad un giornale e se la stessa persona viene addirittura nominata senatore a vita forse non tutto è perduto.Non fa niente se anche il sogno è finto. E se la storiella del convegno politico-scientifico è stata inventata di sana pianta, per avere un post con cui dare il via al mio nuovo blog.