lunedì 9 novembre 2015

Un ricordo (personale) di Paolo Bianco

“Devi coinvolgere Paolo Bianco”. Elena Cattaneo non aveva dubbi. Il maggior esperto al mondo di staminali mesenchimali era il professor Bianco. Per fortuna, in quei giorni, era anche lui a Riva del Garda, dove si stava svolgendo la convention scientifica di Telethon. 



Marzo 2013. Le Iene cavalcavano a tutta forza la storia dei bambini con gravi malattie neuro degenerative, che potevano essere curate da un nuovo promettente metodo, a base di cellule staminali dell’osso. L’ideatore era un certo Davide Vannoni e il nome della terapia era Metodo Stamina. Lo scandalo, denunciato dalla tv, stava nel fatto che questa terapia, che aveva dimostrato la sua efficacia su più di un bambino malato, era vietata dalle istituzioni sanitarie nazionali. Oltre ad essere bocciata senza appello da tutta la comunità scientifica, italiana e internazionale.

Nonostante questo le pressioni mediatiche avevano convinto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ad emanare un decreto che, “derubricando” le infusioni di staminali a livello di trapianti, avrebbe aperto la strada al Far West delle cure facili, con costi inimmaginabili per il sistema sanitario nazionali.

Il caso aveva voluto che le malattie curabili, a detta dei seguaci di Stamina, erano proprio quelle studiate dai ricercatori finanziati da Telethon. Rare, gravissime e ancora senza soluzione. L’altra coincidenza favorevole era che in quei giorni di marzo tutti quegli scienziati io li avessi sotto mano, riuniti a Riva del Garda. E che insieme a loro ci fosse un gruppetto di giornalisti scientifici delle principali testate. Da qui l’idea di organizzare una tavola rotonda per fare chiarezza sul tema del giorno. Chiesi ad Elena Cattaneo, all’epoca non ancora senatrice a vita, di aiutarmi a formare il tavolo dei relatori. E lei mi parlò di Paolo Bianco.      

Lo incontrai di nuovo qualche mese dopo. Avevo chiuso il mio lungo rapporto di lavoro con Telethon e stavo cominciando a lavorare ad una puntata di Presa Diretta sul caso Stamina. Coinvolsi subito Paolo, lo accompagnai a parlare con Riccardo Iacona e qualche giorno lo andai a trovare nel suo studio al Policlinico, insieme alla collega Liza Boschin. Lui ci spiegò tutto sulle cellule staminali, con grande chiarezza e altrettanta pazienza. Non si limitò ad una lezione di medicina ma, in fondo, ce ne diede anche una di giornalismo investigativo. Ci raccontò infatti di come, nel resto del mondo, stessero prosperando tanti altri casi Stamina. Scovando anche collegamenti sospetti tra i responsabili di Stamina e alcuni centri di ricerca sparsi nel mondo.

Le indicazioni di Paolo ci servirono per impostare la puntata, che fu confezionata con immagini dei seguaci di Stamina, interviste a medici e scienziati, testimonianze di genitori di bambini malati, pro e contro il metodo. Non poteva mancare una lunga intervista di Riccardo Iacona a Davide Vannoni, nella sua villa sulle colline torinesi.

Quando mancavano ormai pochi giorni alla messa in onda chiamai Paolo per raccontargli come era venuta la puntata e per invitarlo come ospite in studio. Si arrabbiò quando gli dissi che avevamo intervistato Vannoni. Non era serio – mi disse – dargli uno spazio così importante, mettere allo stesso livello scienza e ciarlataneria. Rimasi parecchio al telefono con lui, provando a spiegargli come funzionano le leggi del giornalismo e della comunicazione televisiva, dicendogli che nel racconto di una storia il cattivo ci deve essere sempre, ancor di più se, nel frattempo, è diventato un personaggio famoso.

Lui cedette e venne in studio. Non era convinto affatto di partecipare. Temeva di uscirne frustrato, come gli era capitato in altre trasmissioni, quando era stato usato per un faccia a faccia con lo stesso Vannoni. 

La sera della diretta però, mentre aspettava di entrare in scena e guardava in una saletta la prima parte della puntata, Paolo cambiò idea. “La forza delle immagini è incredibile – mi disse, quasi commosso – sto vedendo cose che conosco a memoria, eppure mi emoziono e mi scandalizzo, come se le apprendessi per la prima volta. Avevi ragione tu”.


Ecco, più che per i suoi meriti scientifici  e per il suo impegno civile Paolo Bianco mi piace ricordarlo così. Come uno che non aveva problemi a mettere in discussione le sue teorie e ad ammettere i suoi errori. E questa, a pensarci bene, è la caratteristica che più mi affascina, nel meraviglioso mondo della ricerca scientifica. 

Su Rai Scienza un estratto dell'intervento di Paolo Bianco durante la trasmissione che Presa Diretta dedicò al metodo Stamina, nel gennaio del 2014