giovedì 18 dicembre 2014

Ciao Franco, amico mio



Ehi Franco, come va? Che si dice da quelle parti? Hai visto che "botto" la notizia del tuo addio? Hai dato un'occhiata a Facebook e twitter? Hai letto le news su Google? Perfino Renzi ha voluto ricordarti. Ha detto che ti dedicherà la riforma del Terzo settore. "Purché la faccia. E in fretta", avresti commentato tu, magari aggiungendo qualcosa sugli ennesimi tagli ai servizi per i disabili.
Te ne sei andato in grande stile, eh? Come compagna di viaggio hai voluto nientemeno che Virna Lisi. Mi pare di vederti, che la seduci con la tua voce suadente e i tuoi occhi da piacione.

E' tutto il giorno che penso di scriverti qualcosa. Che mentre leggo le centinaia di messaggi d'amore e di stima che ti arrivano dalla rete, cerco di riordinare i ricordi e di scacciare la tristezza. Ecco che arrivano alcuni flash. Il primo giorno che ti vidi, 28 anni fa, non ricordo dove. C'era l'assemblea nazionale della Uildm e io, giovane obiettore di coscienza e aspirante giornalista, venni a sentirti parlare in un convegno dedicato alla comunicazione e la disabilità. Oppure la volta che arrivasti a Roma in macchina, qualche anno dopo, insieme a Nadia, tua moglie. Ricordo che vi vidi scendere, ognuno dalla sua portiera, tirar fuori le sedie a ruote da dietro il sedile, aprirle, montare le pedane, chiudere la macchina e seguirmi per strada. Tutto in pochissimi minuti, manco fosse il cambio gomme di una Formula 1.

E la volta che ti feci conoscere mio figlio, ricordi? Lui era molto piccolo, avrà avuto due o tre anni. Ti vide e ti chiese, diretto: "Come mai sei così grasso?". La cosa ti colpì parecchio. E due giorni dopo, ospite del Maurizio Costanzo Show, raccontasti la storia del figlio del tuo amico, che invece della carrozzina aveva notato la tua pancia. Usasti l'aneddoto per spiegare che la disabilità e l'handicap sono concetti relativi. Ma il giorno dopo ti mettesti a dieta.

Come dimenticare poi quel giorno, l'11 settembre del 2001. Eravamo venuti a trovarti a casa, io e Catia, la nostra socia nell'agenzia "La redazione". C'era la tv accesa e vedemmo insieme gli aerei che si schiantavano contro le torri gemelle. Quel giorno, racconterò ai miei nipoti, ero a casa di Franco. Un amico, di una grande persona. Con Catia, in quel periodo, giravamo l'Italia a parlar di Telethon nelle televisioni locali. Ti chiamavamo Zoommolo e ti sfottevamo perché ti piaceva farti riprendere dalle telecamere.

Qualche anno dopo mi chiamasti dopo aver chiuso con uno dei tuoi tanti lavori. Cercavi un giornale dove poter riprendere a scrivere. Io lavoravo per Vita, ti misi in contatto con Riccardo Bonacina e da lì partì una felicissima collaborazione durata fino ad oggi. L'anno scorso ricambiasti il favore. Ero io ad aver perso il lavoro e fosti tu a farmi entrare nella redazione degli Invisibili, lo straordinario blog del Corriere della Sera.

Sono venuto a salutarti all'ospedale, qualche giorno fa. Mi avevano detto che la situazione era molto grave ma ti ho trovato forte e combattivo, come al solito. "Voglio combattere anche questa battaglia", mi hai detto. Poi abbiamo parlato di politica ("non fa per me, non mi ricandiderei più", mi avevi confessato), del tuo libro quasi terminato, di nuovi progetti da portare avanti. E invece stavolta non ce l'hai fatta.

Oggi pomeriggio, mentre vagavo su Internet a cercare pensieri su di te, mi sono imbattuto in quello che probabilmente è il tuo ultimo articolo. Un pezzo per Superabile (Superabile, Invisibili, tutti nomi inventati da te), che si chiudeva con queste parole. "Forza giovani, scatenatevi. Io vorrei riposarmi".

Riposa in pace, amico mio. E grazie di tutto.

(nella foto sono insieme a Franco, a Francesca Pasinelli e a Megane Gale, direi almeno 15 anni fa)