lunedì 24 marzo 2014

Vaccini che causano l'autismo. Le colpe dei giornali e dei pm.

Ci risiamo. Basta una denuncia di due genitori, un pm zelante che apre un'indagine e poi si precipita a raccontarla ai giornalisti ed ecco che esplode di nuovo la bufala del vaccino che provoca l'autismo. A niente serve che nelle redazioni ci sia chi conosce bene la storia di Andrew Wakefield il medico inglese che nel 1998 pubblicò su Lancet uno studio su 12 bambini che dimostrava un nesso tra la loro sindrome e la vaccinazione e che nel 2010 fu accusato di frode scientifica e radiato dall'albo perché venne dimostrato che si era inventato tutto per vendere i suoi test sulle cause dell'autismo. Immagino il ragionamento dei capo redattori di turno ieri (si sa, la domenica ci sono meno notizie): "Vaccini che provocano l'autismo? Sono cose che la gente legge". E al redattore "esperto" che provava a spiegargli. "L'Oms mette in guardia? Il medico inglese denunciato? Mettili dentro il pezzo, così nessuno può accusarci di nulla".

E' andata così, basta leggere i quotidiani di oggi. Chi più, chi meno: il titolo sui vaccini dannosi e qualcosa, nel sommario o nell'occhiello, sul parere degli scienziati o dei medici. Qualcuno ha fatto un secondo pezzo virgolettando le parole delle istituzioni sanitarie che parlano di "rischio emergenza sanitaria". Qualcun altro, pubblicando sul web, si è visto arrivare oltre 400 commenti, in gran parte di ricercatori arrabbiati.

Ora, io non so se davvero questa cosa esploderà e arriverà ad essere un'emergenza sanitaria (magari anche questa è un'iperbole del titolista) ma penso che sia davvero grave quello che è successo ieri. Tutti sapevano della bufala inglese (stava sull'Ansa), eppure hanno scelto di sparare la notizia, solo perché un pubblico ministero di Trani ha aperto un'indagine (il che, ricordiamolo, non vuol dire affatto che sia dimostrata la benché minima correlazione tra autismo e vaccini). Non c'è più neanche l'alibi dell'ignoranza (che pure ha una sua gravità). Sapevano di pubblicare un falso e lo hanno pubblicato.E se domani si moltiplicano le denunce di genitori allarmati, tanto meglio. Il giornale potrà cavalcare la notizia.

giovedì 13 marzo 2014

Sindrome di Rett: gli animalisti bloccano la raccolta fondi

Una partita di serie A, un evento collaterale annullato per motivi di ordine pubblico. Roma-Lazio? Milan-Inter? No, Unendo Yamamay Busto Arsizio contro Robur Tiboni di Urbino, campionato di serie A di pallavolo femminile, in programma questo sabato a Busto Arsizio. E l'evento "pericoloso", a margine del match di volley, era nientemeno che una lotteria benefica per l'associazione proRETT. I soldi raccolti sarebbero serviti alla ricerca scientifica su questa malattia genetica, che provoca un grave ritardo mentale e colpisce prevalentemente le bambine. Il motivo dell'annullamento? L'intervento degli animalisti, che hanno boicottato la raccolta fondi perché contrari alla sperimentazione animale praticata dagli scienziati che studiano la Rett (e dalla quasi totalità dei ricercatori in ambito biomedico). Prima con un comunicato della Lav (lega antivivisezione) locale, poi con un bombardamento di email alla società di volley, al suo sponsor e a chi gestisce il palazzetto dello sport, con tanto di foto di animali sventrati. A quel punto gli organizzatori devono essersi ricordati dei recenti blitz nei laboratori nelle università milanesi, o delle minacce di morte inviate via facebook a Caterina Simonsen, la ragazza malata che era intervenuta per difendere la ricerca, e per evitare guai simili hanno deciso, con rammarico, di annullare la lotteria.

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Mi racconta la vicenda Nicoletta Landsberger, una scienziata che da anni si occupa di questa malattia e che ha contribuito alla nascita dell'associazione. Mi spiega che l'organizzazione era cominciata quasi un anno fa. Che grazie alla collaborazione del club di volley e di Yamamay stava venendo fuori proprio un bell'evento. Una squadra di ragazze che aiutavano la ricerca per una malattia che colpisce le bambine. I responsabili dell'associazione stimavano un incasso di 10, 12 mila euro e, ciliegina sulla torta, c'era perfino la diretta televisiva su Raisport. "Ora - mi dice al telefono - i genitori di quelle bambine sono affranti. Non si riescono a capacitare che qualcuno voglia fermare la ricerca sulla patologia che affligge le loro figlie, la loro unica speranza".

Nicoletta, che oltre ad essere una bravissima scienziata è anche una donna combattiva, non si arrende certo. "Quella di oggi è una grande sconfitta - mi dice - ma dobbiamo partire da qui per una grande campagna per il progresso. La posta in gioco è molto più alta della ricerca sulla sindrome di Rett. Se blocchiamo la sperimentazione animale è finita per sempre la ricerca in Italia. E' in gioco la salute dei nostri cari, il futuro del nostro Paese. Non credo si possa più stare zitti".

Neanche io.

lunedì 10 marzo 2014

Stamina, la mia storia - 7) E adesso, quei malati?

"Dobbiamo aiutare i genitori dei bambini malati, quelli che erano in trattamento e che ora che è tutto bloccato non sanno a che santo rivolgersi". Chi mi lancia questo appello, al telefono da Brescia, è uno dei seguaci della prima ora di Davide Vannoni. Uno che aiutò il "professore" a farsi conoscere, ad accreditarsi presso il mondo delle associazioni e delle famiglie coinvolte da una delle tante patologie di cui abbiamo sentito parlare in questo ultimo anno. Poi, mi racconta, ha cominciato a rendersi conto che c'era qualcosa che non andava. E quando ha chiesto spiegazioni è stato tagliato fuori da qualsiasi comunicazione. Ripudiato e minacciato da Vannoni e dai suoi seguaci.

Siamo ai primi di marzo, ormai sono passati due mesi dalla puntata di "Presa diretta" e pur avendo continuato a seguire la vicenda ho cominciato ad occuparmi di altro. Il pensiero di quei genitori e di quei bambini, però, non mi abbandona. Anche perché con alcuni di loro sono rimasto in contatto. Intanto agli Spedali civili di Brescia hanno fermato le infusioni, la Lorenzin ha finalmente nominato il comitato (il terzo, dopo che il primo era stato bocciato dal Tar e il secondo era nato morto a causa di improvvide dichiarazioni e presunti conflitti d'interesse), il giudice Guariniello posticipa la data di chiusura delle indagini, le Iene hanno spostato le telecamere su altre vicende.

Chi non può lasciar perdere ed occuparsi d'altro, però, sono i malati e le loro famiglie. Quelli che avevano cominciato le infusioni a Brescia, quelli in lista d'attesa, quelli che hanno speso soldi in ricorsi e aspettano di avere l'autorizzazione alle "cure". Che ne sarà di loro adesso che il grande inganno è svelato? Su facebook girano tante voci: c'è chi dice che Stamina Foundation sia stata chiusa (in effetti l'ultimo post risale a quasi un mese fa), che sia sfumata anche l'idea di metter su un centro a Capoverde, che qualche paziente abbia fatto le valigie e sia volato in Israele, dove però il medico che somministra le staminali ha poi anche lui stoppato qualsiasi infusione.

La confusione è grande, e per chi convive quotidianamente con patologie devastanti tutto ciò rischia di diventare insostenibile. Che fare allora? Come provare ad aiutarli? Detto che c'è ancora un gruppetto di persone che sostiene Stamina, spiega il mio contatto telefonico, gran parte dei pazienti che aveva affidato a quella presunta terapia le sue speranze ha capito che quella strada non porta da nessuna parte. Solo che ora non sanno cosa fare. "Hanno paura che, avendo appoggiato Vannoni, essendo andati con lui sotto il Palazzo ad insultare i politici, adesso siano tagliati fuori da qualsiasi assistenza. Che gliela facciano pagare".

Io non penso che sia così, lo dico al mio interlocutore. Credo anzi che in questo momento tutti coloro che amministrano la salute pubblica, dal ministro della Salute in giù, abbiano la voglia (e l'interesse) di riportare tutto nei binari della normalità. Mettendo a disposizione quello che esiste, in termini di servizi assistenziali e di conoscenze scientifiche, in primis per i "pentiti" di Stamina. Mi sbaglierò, ma la penso così. E sono disposto anche a vigilare, per quello che posso, perché ciò accada.

Certo, questo non vuol dire promettere cure improbabili, ma assicurare che due genitori che hanno un bambino con una malattia ancora incurabile possano dare al loro figlio tutto quello che, ad oggi, è conosciuto e scientificamente provato. Dedicandogli tutto l'amore che possono senza farsi il sangue ancora più amaro e senza sprecare energie in battaglie impossibili. E' chiaro che non si può chiedere a quei genitori di smettere di sperare in una terapia, di girare di notte su Internet alla ricerca di qualche promettente ricerca. Ma forse, almeno, si può dare loro la certezza di non vedere mai più medici in ospedali pubblici che somministrano pozioni misteriose che neanche loro conoscono. O giudici che obbligano gli stessi medici a violare i loro codici e le loro coscienze. O amministratori che violano le leggi pur di far curare parenti e amici. O programmi televisivi che - in buona o in cattiva fede che siano - alimentino per un anno confusione e disperazione.