lunedì 5 maggio 2014

Spiderciccio, Napoli e dieci chilometri di emozioni

Non mi era mai capitato, di correre piangendo. Di mischiare lacrime e sudore. Di provare così tante emozioni, in soli 10 chilometri. Eppure sapevo che quella di ieri sarebbe stata una giornata impegnativa, ero preparato alla commozione.

Mi ero fatto fare una maglietta ad hoc. Davanti la foto di Ciccio con il pugnetto alzato in segno di vittoria e la maglia della Roja, la nazionale spagnola di calcio, con le firme di tutti i campioni, che aveva ricevuto come regalo poco prima di andarsene. Dietro, avevo fatto stampare la scritta: "Corro per Ciccio e tutti gli altri". Avevo postato su Facebook che avrei partecipato alla Walk of Life di Telethon, a Napoli, la corsa per la ricerca che per l'occasione era stata dedicata proprio a lui, a Francesco, detto Ciccio e recentemente ribattezzato Spiderciccio perché amava l'uomo ragno e in fondo era anche lui un piccolo supereroe. Mi aveva risposto Antonio, il padre: "Speravo venissi. Così finalmente potremo riabbracciarci".

Ero arrivato in treno, mezz'ora prima del via. Giravo per piazza del Plebiscito, una piazza bellissima, colorata, piena di sole, di vita e di amore, così diversa dalle immagini della sera prima, con la curva dello stadio Olimpico, il tifoso con la maglietta della vergogna e le solite scene di guerriglia. Salutavo ex colleghi, ricercatori che conosco da una vita, amici della Uildm e di altre associazioni. Ero contento di vederli, ma sentivo l'ansia salirmi dentro, perché l'ora dello start si stava avvicinando e non avevo ancora incontrato i genitori di Ciccio.

Quando ero ormai pronto, dietro la linea di partenza, insieme ad altre centinaia di persone, ho finalmente visto Antonio, circondato da podisti che lo abbracciavano e si facevano fotografare con lui. Anche loro avevano scritto Ciccio, sulla maglia, mentre quella di Antonio era la stessa che portava Ciccio, nella foto che avevo messo sulla mia. Ho aspettato che salutasse tutti e mi sono avvicinato. Non ci siamo detti nulla. Solo un lunghissimo abbraccio. Lui singhiozzava, io lo stringevo forte ma non piangevo. Mi sembrava di vivere in un sogno, con il tempo che si dilatava. Con tutti gli altri che ci facevano spazio ed applaudivano forte. Non so quanto sia durato quell'abbraccio. Poi non ci siamo detti nulla, tranne che ci saremmo rivisti a corsa finita.

Subito dopo siamo partiti, con lo sparo dello start dato dallo stesso Antonio insieme ad Andrea Ballabio, il capo dei ricercatori del Tigem, un grande scienziato con un grande cuore. E' stato in quel momento, appena passata la linea di partenza, subito dopo aver azionato il cronometro, che le lacrime hanno cominciato a scendere. Ho pensato a tante cose, in quei tre quarti d'ora di corsa. Ad Antonio che singhiozzava, naturalmente. Ai tanti genitori di ragazzi malati che ho conosciuto, da trent'anni a questa parte. Alla loro forza, al loro coraggio. Al vuoto che devono affrontare quando i loro figli se ne vanno. Alla straordinaria lezione di vita che mi hanno sempre dato. Ho pensato a me, al mio lavoro per Telethon e a quello, ancora prima, con la Uildm. Tutte cose che cambiano, si evolvono, ma non finiscono.

Intorno a me c'era una città bellissima. Un lungomare da brividi, con le isole, nitidissime, sullo sfondo. Salite e discese che toglievano il fiato, in tutti i sensi. Napoli, con tutte le sue contraddizioni, la sua passione e la sua allergia all'ordine e alle regole. All'arrivo ero provato ma, vuoi per le lacrime, vuoi per le endorfine, ero molto più sereno di quando ero partito. Ho rivisto Antonio, insieme a Nadia, la moglie. Ci siamo dati appuntamento ai primi di giugno, quando la Walk of life farà tappa a Roma. Poi ho salutato tutti e sono andato alla stazione, per tornarmene a casa.

In treno, ho realizzato di essere molto affamato, perché a digiuno dalla sera prima. Ho aperto il pacco gara e dopo aver mangiato un pacchetto di biscotti ho seriamente rischiato di ingurgitare una confezione di Lenor all'aroma di vaniglia perché le scritte erano troppo piccole e non sapevo fosse un detersivo. Quando ho capito cosa stavo per fare ho cominciato a ridere, come uno scemo. Poi sono crollato addormentato.

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