sabato 25 gennaio 2014

Stamina, la mia storia - 4) Scienziati, pazienti e giornalisti

A Riva del Garda, nel mese di marzo del 2013, si svolge la Convention dei ricercatori finanziati da Telethon, un evento che si ripete ogni due anni. Per tre giorni l'elegante paesino circondato dalle montagne si riempie di scienziati, che fino a sera si confrontano all'interno del palazzo dei congressi per riversarsi poi in massa nei pochi pub e ristoranti del posto.

Ne ho seguite tante, di manifestazioni simili. E tutte le volte sono tornato a casa con sensazioni positive, pensando che sarebbe bello se i miei figli scegliessero la strada della ricerca. Qui si studiano, per curarle, le malattie genetiche. Una missione nobile, in uno dei pochi ambiti in cui parole come competizione, confronto, meritocrazia, cooperazione valgono ancora qualcosa. Mi fa sempre un gran bell'effetto assistere alle sessioni plenarie. Dal palco, di fronte a una platea di centinaia di persone, i ricercatori raccontano ai colleghi gli sviluppi e le prospettive dei loro studi. Parlano in inglese, utilizzano termini scientifici e descrivono progetti molto evoluti. Io non capisco nulla di quello che dicono, ma mi piace vedere il dibattito che segue le relazioni. Le tante domande pertinenti, articolate, che vengono rivolte allo scienziato che sta sul palco e a volte lo mettono in difficoltà. Tutto si svolge in maniera naturale, ordinata e produttiva. Così funziona la ricerca. Ogni idea, progetto, deve passare al vaglio dei colleghi, di persone che a loro volta avranno le loro idee da presentare. Penso a quanto sia raro assistere a spettacoli simili nel nostro Paese. A quanto sarebbe più comodo se tra gli scienziati si stabilisse una sorta di patto di non belligeranza: io approvo il tuo progetto, tu il mio. Siamo tutti contenti e poi magari ci mettiamo d'accordo per far carriera insieme. Non funzionano forse così le cose in Italia? Nella politica, nelle università?

Quest'anno a Riva del Garda ci sono anche le associazioni dei pazienti, venute per incontrare i ricercatori che studiano le loro malattie e per confrontarsi a loro volta sulle iniziative e le istanze comuni. In tutto, tra scienziati e pazienti, ci saranno ottocento persone. Come sempre invitiamo anche un gruppetto di giornalisti, delle più importanti testate, sperando trovino qualcosa che possa interessare i loro giornali. Quest'anno è più facile. E le possibilità che i giornali ci diano spazio sono molto più alte che in passato. E' appena scoppiato il caso Stamina. Sono partiti da poco i servizi delle Iene e sono uscite la lettera di Celentano e la risposta del nostro scienziato (a proposito, avevo personalmente invitato anche l'autore delle Iene, ma non era potuto venire). Nella prima giornata dei lavori organizziamo quindi una tavola rotonda, a cui invitiamo una decina, tra scienziati, medici e dirigenti di Telethon, alcuni rappresentanti di associazioni di pazienti, tutti genitori di bambini malati e il gruppo delle giornaliste (tutte donne).

Ne escono due ore di dibattito molto interessante. I giornalisti sono quasi tutti esperti in materie scientifiche ma di Vannoni e delle cellule staminali mesenchimali sanno ancora poco o niente. Fanno perciò, giustamente, le classiche domande dell'uomo della strada. Gli scienziati spiegano a che punto è la ricerca sulle malattie che Stamina sostiene di poter curare, descrivono gli sviluppi degli studi sulle staminali, le differenze tra le mesenchimali e le altre celllule e si soffermano a lungo su un concetto per loro scontato: nella ricerca o pubblichi i tuoi dati e ti confronti con la comunità scientifica, oppure non esiste. Ergo: "Stamina, per noi, non esiste. Checché ne dica la televisione".

Mi colpisce la testimonianza del padre di una bambina con la SMA, una delle (tante) malattie che Vannoni sostiene di poter curare. Racconta della drammatica spaccatura, avvenuta poche settimane prima nella sua associazione, tra genitori pro e contro Stamina. Delle accuse, dei toni violenti, della rabbia che si era aggiunta alla sofferenza. Lui era tra quelli che avevano scelto di continuare a seguire i medici e gli scienziati che si erano presi cura di sua figlia, da quando era nata. Queste le sue parole: "La disperazione di noi genitori è grande. Il bisogno di credere in qualcosa si fa sentire quotidianamente. Ma con quale diritto diamo il consenso sul corpo dei nostri bambini a sperimentazioni che non hanno alcun riscontro? Forse la loro vita vale meno perché sono malati? Il loro destino è morire e quindi possiamo permetterci di saltare ogni regola?".

Dopo il dibattito i lavori della Convention continuano e i giornalisti vanno a scrivere i loro pezzi. Il giorno dopo i principali quotidiani daranno spazio, per la prima volta da quando era esploso il caso, al parere dei ricercatori (a parte il Corriere della Sera che aveva pubblicato la risposta di Naldini a Celentano). Scienziati, pazienti e giornalisti si scambiano indirizzi email e numeri di telefono. E' l'inizio della controffensiva mediatica. Ma la "battaglia" a favore della scienza e delle persone malate sarà ancora molto lunga.

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