giovedì 30 gennaio 2014

Stamina, la mia storia - 5) Comincia l'inchiesta

Dopo la convention di Riva del Garda, dove eravamo riusciti nello scopo di mettere in contatto i giornalisti con i ricercatori e le associazioni e superato, senza grandi “perdite”, l’assalto via Facebook dei pro-Stamina, come Telethon decidiamo di tirarci fuori dalla mischia mediatica. In fondo quello che dovevamo dire lo avevamo detto. Adesso la palla era in mano alla politica e alla magistratura. Noi ci saremmo limitati ad interagire, come sempre, con i nostri interlocutori naturali: i pazienti, gli scienziati e i nostri donatori. E poi era in arrivo la notizia “bomba” dell’anno: la doppia pubblicazione su Science degli straordinari risultati del nostro istituto di Milano, il successo della terapia genica su due gravi malattie. C’era da scrivere il materiale, da preparare la conferenza stampa, da allertare i giornalisti.

Continuo però a seguire il caso Stamina. Tra rassegna stampa, agenzie, notizie sul web, telefonate e messaggi vari non passa giorno che non venga a conoscenza di qualche nuovo fatto. Anche se ormai lavoro su altro non riesco a staccarmi da questa storia, che sta diventando ogni giorno più assurda. Col ministro Balduzzi che prima chiede consiglio agli scienziati poi fa l’esatto opposto di quello che gli dicono. Con i giudici che ordinano ai medici di somministrare una terapia che non conoscono. Con le Iene che continuano col loro bombardamento mediatico e con decine di comitati Pro-Stamina che spuntano in tutta Italia. Si arriva al paradosso – come mi dirà qualche mese più tardi Umberto Ambrosoli, capo dell’opposizione nella Regione Lombardia – dei medici bresciani. Le istituzioni sanitarie, dopo l’ispezione dei Nas, impongono loro lo stop alle somministrazioni. I giudici fanno l’esatto opposto e ordinano di continuare con le infusioni.

Da giornalista penso a che razza di inchiesta ne verrebbe fuori. E in cuor mio mi mordo le mani per non poterla scrivere io. Quello che posso fare – e che infatti faccio – è di cercare qualche collega che se ne occupi al posto mio. E visto che i giornali li ho sentiti quasi tutti faccio un tentativo con la tv. Il primo con cui ne parlo è Andrea Vianello, da poco diventato direttore di RaiTre. Quando lo incontro lo trovo molto interessato. E ferratissimo sul tema. Mi racconta che anni prima, quando conduceva “Mi manda Rai Tre”, si era occupato di un caso simile, quello dell’azienda svizzera Beike, che prometteva la cura per molte malattie a base di cellule staminali. Anche in quel caso c’era stato il “lancio” delle Iene (che fortunatamente avevano fatto marcia indietro dopo un paio di puntate). E anche allora alcune famiglie disperate si stavano indebitando per andare a far “curare” i propri bambini fino in Cina. Anche grazie a “Mi manda Rai Tre”, che per l’occasione fece intervenire alcuni scienziati esperti di staminali, il Metodo Beike fu stoppato sul nascere. “Questa di Stamina sembra essere proprio la stessa cosa – mi disse Vianello – potremmo occuparcene e la persona adatta potrebbe essere Riccardo Iacona”.

Con Iacona ci eravamo conosciuti qualche anno prima. Lui aveva coraggiosamente costruito un programma, su RaiTre, dedicato agli scienziati ed intitolato “W la ricerca”. Io lo avevo intervistato per il “Telethon Notizie” e lo avevo invitato a partecipare, via Skype, ad una diretta web in occasione della convention degli scienziati di Telethon, a Riva del Garda. Così lo vado a trovare, parlandogli di Stamina e proponendogli di occuparsene, in una puntata di Presadiretta. Siamo nel mese di maggio. Qualche mese più tardi mi richiama e mi annuncia. “Facciamo la puntata”. Nel frattempo è successo che non lavoro più per Telethon e che dopo una decina d’anni passati ad occuparmi della comunicazione di un singolo ente (un’esperienza eccezionale, in un’organizzazione di prim'ordine) e a scrivere più o meno sempre le stesse cose, ora posso tornare ad occuparmi di altro. Così quando Iacona mi propone una consulenza per la puntata su Stamina che andrà in onda a gennaio non ci penso due volte.

Rifletterò più tardi che non era mica tanto vero che mi stavo occupando di altro. Anzi, a ben vedere la mia “fissa” per questa vicenda aveva origini ben più remote della mia collaborazione con Telethon. Risaliva a poco meno di trent’anni prima. Quando avevo passato venti mesi della mia vita con i ragazzi malati di distrofia muscolare e con le loro famiglie. Ero obiettore di coscienza e quello era stato il mio servizio civile. Avevo conosciuto “da dentro” cosa volesse dire convivere con una malattia gravissima e incurabile. Avevo fatto amicizia con tanti ragazzi, che negli anni se ne erano andati quasi tutti. Oggi, passati tanti anni da allora, non potevo sopportare che qualcuno sfruttasse la disperazione e il dolore di quelle persone. Sia che lo facesse per far soldi, che per fare audience. In buona o in cattiva fede.

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